Uno dei luoghi più caratteristici presenti sul nostro territorio, di notevole interesse naturalistico, è la Grotta di S. Michele o S. Angelo ad Guttam, che si apre sul versante sud del Monte Maggiore, e sorge non lontana dai resti di quella che un tempo dovette essere la “Villa Camilliana” di Lucio Paolo Fabato, della quale sono ancora visibili tracce di pareti ad “opus reticolatum”.
Notizie e riferimenti a questa grotta si possono trovare in un documento manoscritto, in duplice copia conservate presso il Museo Campano; autore del manoscritto originale è il Canonico Antonio De Cesare. In tale testo, si racconta che là vi fosse un tempio “del diavolo” perché dedicato ad una divinità pagana e non cristiana. Nei resti dei muri di quest’antico luogo pare che si riuscissero a vedere dipinte delle figure non identificabili, ma di ciò oggi non vi è traccia.
Attualmente, per giungere a tale grotta occorre percorrere un sentiero di moderato pendio. Già avvicinandosi all’ingresso della grotta si sente una notevole differenza di temperatura, tra l’esterno e l’interno della stessa. Appena si entra nell’antro, si sente già una notevole differenza di temperatura, sotto l’alta volta. La grotta, quasi certamente d’origine vulcanica, è formata da un piano superiore molto ampio con un’apertura verso Ovest e di un piano inferiore a forma d’imbuto rovesciato. Al suo interno, ci troviamo immersi in un atrio naturale, formato da un giardino in cui traviamo diversi varietà di arbusti e alberi da frutta. Oltre il giardino è presente un altare riparato da un tempietto in muratura, che poggia sulla parte destra della parete rocciosa. E’ costituito da quattro pilastri angolari tra i quali si aprono tre archi a tutto sesto mentre il quarto é cieco. Il tetto, piatto, ha una copertura in tegoloni di cotto. Un altare rustico è posto sotto l’arco rivolto verso il fondo della Grotta. Sopra l’altare è collocato un piccolo quadro raffigurante S. Michele che scaccia il nemico. Un altro affresco che si trova sotto un arco cieco, raffigura la Madonna col Bambino e ai lati la figura di San Nicola e quella di S. Michele che brandisce in alto la spada con la mano destra, mentre con la sinistra tiene il filo con cui pesa un’anima.
Molto delicato il profilo del volto di S. Michele con i capelli color rame adagiati sulle spalle coperte da un manto rosso annodato sul petto. I particolari descritti fanno pensare ad un pittore d’educazione veneta non insensibile alla pittura umbra e soprattutto delle Marche.
Gli affreschi databili tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo sono, da alcuni studiosi, attribuiti ad Antonio Solario detto lo Zingaro. Secondo un’antica leggenda la costruzione di questa cappella si deve a Pietro Ruotolo. Lo sfortunato, durante il periodo della peste che colpì le nostre zone intorno alla metà del 1600, fu colpito di tale malattia. Egli fece voto a San Michele Arcangelo che se fosse guarito avrebbe vestito l’abito di chierico ed avrebbe dedicato la propria vita al servizio del culto dell’Arcangelo S. Michele.
Nella grotta, troviamo anche due invasi in pietra viva, che si sono formati attraverso i secoli con la caduta di gocce d’acqua provenienti dalle stalattiti. Non si sa per quanti chilometri si allungano i cunicoli della grotta, ci sono state varie esplorazioni nel corso degli anni, ma non si è giunti mai ad un risultato definitivo. Quando si nomina la grotta di San Michele è, impossibile non nominare il compianto Simeone Lagnese, Assistente Capo P. S., che per circa 40 si è occupato di tenere nel migliore dei modi questo luogo. Per rendere omaggio a questa figura, l’amministrazione comunale ha intitolato la strada che porta alla grotta, al signor Simeone. Ogni anno l’otto maggio è celebrata la Santa Messa all’interno della grotta.
Per rivalutare questo sito storico-naturalistico da due anni la Grotta è scenario suggestivo del PRESEPE VIVENTE, che si organizza nel mese di dicembre e gennaio in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, l’Associazione Pro Loco, il Comitato di gemellaggio e tutti i cittadini affezionati a questo luogo caratteristico di Camigliano. La rappresentazione di oltre 20 mestieri dell’epoca con oltre 120 figuranti, rievocazione della natività nella suggestiva grotta, la degustazione di piatti tipici dell’epoca e della classica pizza figliata, prodotto tipico d’eccellenza, durante il lungo percorso, fanno di questo evento un appuntamento da non perdere.